Sant'Ambrogio

Milano

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Storia del santo
Misteri della basilica

Fondata dal Vescovo Ambrogio tra il 379 ed il 386 nell’area del cimitero ad Martires, fuori Porta Vercellina, l’antica Basilica Martirum, da sempre comunemente chiamata “Ambrosiana”, è universalmente considerata il più importante esempio di architettura romanica lombarda. Il suo aspetto attuale è dovuto ad una storia lunga e complessa, caratterizzata da molteplici fasi costruttive, opere di trasformazione e lavori di restauro che hanno quasi completamente cancellato le tracce del primitivo edificio nel quale trovarono sepoltura i resti dei Martiri Gervasio e Protasio e, poco dopo, quelli dello stesso Ambrogio.

Un ruolo determinante nello sviluppo della Basilica, da sempre oggetto di grande devozione popolare e meta di incessanti pellegrinaggi, fu svolto dagli arcivescovi milanesi, trai quali Angilberto II (824-859), che commissionò l’altare d’oro per custodire le sacre  reliquie, Ansperto (869-881), che fece costruire un atrio porticato davanti all’ingresso principale, Federico Borromeo (1595-1631), che promosse opere di consolidamento e la decorazione barocca del presbiterio, Benedetto Erba Odescalchi (1712-1736), al quale si deve la trasformazione dell’antica cripta.

Fin dall’ottavo scolo l’edificio ambrosiano si trovò a far parte integrante di un più ampio complesso architettonico destinato ad accogliere le due comunità religiose che per più di mille anni in modo non sempre pacifico, condivisero gli uffici liturgici, la cura e l’amministrazione dei beni ecclesiastici, i monaci e i canonici, il cui ricordo è tutt’ora vivo nei due campanili posti a baluardo della facciata. Nell’area a destra della chiesa si estendeva, dal 784, il monastero benedettino, i cui chiostri rinascimentali sono stati oggi inglobati all’Università Cattolica del Sacro Cuore, mentre alla sinistra erano la canonica e le dimore dei canonici regolari. Nel 1497 i Benedettini furono sostituiti dai Cistercensi di Chiaravalle che promossero diverse iniziative culturali e aprirono ai cittadini l’imponente biblioteca monastica fino a quando, nel 1799, la Repubblica Cisalpina decretò la soppressione del cenobio e l’insediamento dell’ospedale militare.

La Basilica di Sant’Ambrogio, che custodisce particolarissime e preziose opere d’arte, come il sarcofago tardo romano detto “di Stilicone”, l’altare d’oro di Volvino, il ciborio in stucco del IX-X secolo, il coro in legno intagliato, deve la sua fama universale anche ai grandi artisti che vi lavorarono e che hanno lasciato pregevole testimonianza di sé nelle opere murarie, nella decorazione e negli oggetti di arredo liturgico.
Tra questi è Donato Bramante, il celebre architetto di Urbino attivo a Milano durante la signoria degli Sforza, al quale nel 1492 fu affidato l’incarico di progettare la nuova canonica, di ricostruire il monastero e di risistemare le cappelle della chiesa. Gli straordinari affreschi, le tele e le pale d’altare conservati all’interno sono invece opera di pittori quali il Borgognone, Bernardino Luini, Gaudenzio Ferrari, il Legnanino, Filippo Abbiati, Carlo Francesco Nuvolone, Francesco Cairo e Gian Battista Tiepolo.