Abbazia di Viboldone
(1176 - XIII secolo)
San Giuliano Milanese
- Milano
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Cartografia
A pochi chilometri da Milano, in una distesa di verde solcata da lente rogge spalleggiate da pioppi, continua a vivere, circondata dalla sua solitudine, la rossa abbazia dei Santi Pietro e Paolo in Viboldone. La sua storia inizia nel lontano 1176, quando i monaci Umiliati pongono la prima pietra dell'abbazia. "Anno MCLXXVI, die V februarii facta est ecclesia Sancti Petri de Vicoboldono" ci racconta la Cronaca di Filippo di Castelseprio. Il 18 aprile del medesimo anno, muore a Milano l'arcivescovo Galdino, fermo avversario dell'eresia catara. Viboldone fu una delle case umiliate più importanti di tutta la Lombardia; nella prima metà del XIV secolo raggiunse il massimo della sua potenza economica, testimoniato dal compimento della costruzione della chiesa, avvenuto nel 1348. La decadenza, iniziata a partire dal XV secolo, fino alla soppressione dell'ordine, decretata con la Bolla "Quemadmodum" del 7 febbraio 1571 di papa Pio V (1566-1572). Dal 1581 il monastero passò ai monaci benedettini di Monte Oliveto che lo mantennero per oltre due secoli. Dopo l'ultima totale dispersione dei beni durante la Repubblica Cisalpina, divenne proprietà del conte Aldrighetto di Castelbarco Albani che la restaurò e la mise a disposizione del cardinale di Milano. Dal 1 maggio 1941, Viboldone è affidato ad unacomunità di monache beneettine.
Solo le prime due campate orientali risalgono al XII secolo. I lavori, interrotti, furono ripresi nella seconda metà del Duecento e si protrassero sino al 1348. Lo stile è romanico, con l'aggiunta di elemnti gotici. La facciata si presenta a capanna e tre pinnacoli ne segnano il culmine e i lati. L'impianto della chiesa è a sala rettangolare, senza transetto, a tre navate di cinque campate ciascuna, coperte da crociere costolonate, inquadrate da archi trasversali a sesto acuto. L'abside, a terminazione piana, è affiancata da due cappelle quadrangolari. Gli affreschi, che ricoprono in buona parte l'interno della chiesa, risalgono al 1349 e rappresentano un'importante documentazione degli orientamenti della pittura lombarda del Trecento.