Origini
Molte sono le ipotesi che, nel corso degli anni, sono state fatte dagli studiosi per spiegare l’origine del toponimo Altopascio; fra le più accettabili figura quella che intende farlo risalire al nome del piccolo e limitrofo fiume "Teupascio" o "Teupasso" (oggi rio Tassinaia), il cui etimo, di sicura provenienza longobarda, è già attestato nei documenti fin dal X secolo.
Altopascio non significherebbe dunque "luogo alto" (da altus passus) o "dove si pascola" (da altus pascuus), così come lo compresero gli inglesi e i francesi, traducendolo "High gate" e "Haut-pas", ma semplicemente "il luogo del rio Topascio"; Topascio, a sua volta, deriverebbe dalle parole longobarde Teu (popolo) e passio (ruscello), che, unite, significherebbero "rio pubblico". Il toponimo risulta così composto dalla preposizione Al- e dall’elemento Topascio, ad indicare la posizione dell’ospizio dei Cavalieri del Tau presso il detto corso d’acqua.
Il Medioevo
Chiunque abbia accompagnato qualche forestiero attraverso il centro storico di Altopascio, si è senz’altro sentito dire che, camminando fra quei palazzi di pietra e antichi mattoni, vi è tuttora una viva presenza del Medioevo.
E’ vero. La lunga e gloriosa storia dei frati Ospitalieri del Tau di Altopascio ha conosciuto infatti il massimo splendore proprio nella prima metà del XIII secolo, quando nell’Italia medievale si stavano producendo i più importanti mutamenti: l’emergere delle lotte di fazione all’interno dei vari comuni ed il conflitto tra il Papato e l’Impero, i due poteri forti che, scontratisi fin dal basso Medioevo in una dura sfida che aveva segnato tutta l’età di mezzo, dovevano adesso fare i conti con realtà cittadine sempre più consolidate ed in grado ormai di cambiare profondamente il tessuto politico e sociale dell’Europa.
Altopascio entrò direttamente in questo gioco, subendo pesantemente l’egemonia dei grandi comuni vicini, soprattutto di Firenze; la "città del Giglio", che ambiva infatti alle cospicue ricchezze dell'ordine degli Ospitalieri, tentò più volte di imporre tasse ad Altopascio (il quale, aveva dipendenze anche in territorio fiorentino), non riuscendoci solo grazie alla difesa del Papato che più volte dovette intervenire a favore della Magione.
Ma dove affondava le radici il glorioso ordine dei Cavalieri del Tau? Come e perché divenne così importante, in questa fetta di terra toscana a cavallo tra Lucca, Pisa e Firenze?
I cavalieri del Tau
L’Ordine di Altopascio prese come proprio simbolo il segno del "Tau", che figura anche nella torre. Tale lettera greca evocava, in primo luogo, la caratteristica forma del bardone dei pellegrini, ma, al tempo stesso si caricava anche di altri contenuti simbolici, quali, ad esempio, il richiamo alla croce.
In alcuni sigilli, spesso, il Tau compare anche affiancato alle conchiglie che i pellegrini si procuravano a Santiago di Compostella, sede del pellegrinaggio di San Giacomo; fatto sta che questo segno ebbe una larga eco durante tutto il Medioevo, basti pensare all’uso che ne fece lo stesso Ordine Francescano.
La via Francigena
La Via "Francigena", o "Romea" è una delle strade più antiche d’Europa e divenne importante dopo la fine della dominazione longobarda quando, sotto Carlo Magno Imperatore, venne ad assumere le caratteristiche di una strada di grande circolazione; questo grazie al fatto che per i Franchi il collegamento con Roma era di fondamentale importanza, in quanto essi necessitavano di una arteria che potesse sostenere un certo volume di traffici e garantisse sicurezza. Proprio in quegli anni la strada cominciò ad essere chiamata "Francigena", con chiaro riferimento alla Francia, che, in epoca medievale era identificata con un territorio molto più ampio rispetto a quello attuale. La Francigena perse quindi sempre più l’aspetto di via secondaria che aveva nell’alto Medioevo, divenendo a poco a poco la strada del pellegrinaggio per antonomasia, la via battuta da viandanti e pellegrini alla volta delle mete più significative della Cristianità.
Tale via prendeva origine da terre lontane quali la Galizia, le Fiandre, la Britannia e da questi luoghi seguiva un lungo itinerario alla volta di Roma; da questo l’altro appellativo "Romea". Prima di essere identificata con questo nome, fu nota per secoli anche come "via del Monte Bardone" (attuale passo della Cisa) e costituì l’arteria viaria principale di collegamento tra le terre dell’Italia Settentrionale e la sede del Papato. Tale strada, dopo aver varcato il passo del Moncenisio e la Sagra di San Michele della Chiusa, procedeva alla volta di Torino, Vercelli, Pavia e Piacenza, deviando poi, oltrepassato Fornovo, alla volta del valico appenninico di Monte Bardone appunto; da qui, attraversato l’abitato di Pontremoli, si spingeva in Lunigiana (toccando Villafranca, Aulla, Sarzana, Luni), in Versilia (attraversando Pietrasanta, Camaiore) e, per quel che ci tocca più da vicino, nella città di Lucca (meta di pellegrinaggio del Volto Santo), dove, entrando dall’attuale porta S. Donato, ne usciva poi da porta S. Gervasio, alla volta di Porcari. Da questo centro la strada seguitava verso l’ospedale di Altopascio, il più rappresentativo dell’intero percorso viario, oltrepassando poi l’Arno per mezzo del ponte di Bonfiglio (presso Fucecchio) e seguitando in direzione sud alla volta di Castelfiorentino, Poggibonsi, Siena, Buonconvento, Radicofani, Acquapendente, Bolsena, Montefiascone, Viterbo, Sutri, ed infine, Roma.
La via Francigena fu percorsa, oltre che da pellegrini, mercanti ed avventurieri, anche da personalità di spicco dell’epoca medievale, quali l’imperatore Enrico IV ed il re Filippo Augusto di Francia, reduce dalla terza crociata nel 1191.
La prima età moderna
Il sempre più deciso affermarsi delle potenze comunali aveva ormai disgregato gli equilibri precedenti che si reggevano sulla dicotomia Papato-Impero, e si annunciava così, fra la fine del ‘300 e l’inizio del ‘400, una fase in cui la concentrazione della ricchezza e del potere nelle mani di una nuova aristocrazia mercantile favoriva sempre più il consolidamento delle Signorie, che si stavano evolvendo in istituzioni stabili ed ereditarie, in veri e propri Principati.
La grande crisi è palese in Toscana: lo sviluppo delle campagne frena e, parallelamente, si rafforzano invece i centri urbani. Anche Altopascio viene coinvolto dal turbine degli eventi; dopo essere stato teatro di scontro nelle guerre regionali tra Firenze, Pisa e Lucca, più volte assediato e conquistato, vide nel 1437 (allorquando Firenze conquistò Montecarlo) ridurre drasticamente la propria rilevanza strategica, che cessò del tutto quando, scomparso Cosimo I, terminarono anche le mire di predominio su Lucca. L’Ordine, intanto, era passato sotto l’autorità di maestri laici come Giovanni di Piero Capponi (1445-1447) e Guglielmo Capponi (1447-1415).
Oggi
Altopascio è oggi un importante comune della Provincia di Lucca, anche se appartiene geograficamente al lembo più estremo della Valdinievole: la caratteristica di centro viario a cavallo di più territori, se lo ha reso famoso soprattutto nel Medioevo, continua ad essere elemento connotante di Altopascio. Posto infatti fra le province di Lucca, Pistoia, Pisa e Firenze è centro urbano di grande rilievo: smista il traffico attraversante un ambito territoriale che va dalla Garfagnana alla Valdelsa, e si distingue per una fiorente attività economica di industria e di commercio, con un settore terziario anche avanzato in grande espansione, e con la produzione di un pane davvero famoso.
Il territorio del Comune comprende, oltre al capoluogo, le frazioni di Spianate, Marginone e Badia Pozzeveri, per una popolazione complessiva di qualcosa in più di diecimila abitanti.
Per approfondimenti: Sito del comune di Altopascio