Forte Montecchio Nord (Lusardi) Colico (Lecco) |
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Montecchio Nord è stato realizzato nel 1913 ed è antecedente alla Linea Cadorna, infatti ha una tipologia anomala per il sistema di difesa OAFN; i 4 cannoni erano posti in installazioni corazzate a pozzo tipo Rocchi, ruotanti e munite di cupola in acciaio. Il complesso, splendido nell'insieme e nei particolari, è mantenuto in condizioni perfette cal Comune di Colico. L'aspetto esteriore è magnifico ed imponente e pare di tornare indietro nel tempo. Gli edifici sono costruiti con la tecnica sopraffina degli scalpellini locali, che con una inconscia idea risalente al medioevo facevano di tutto per abbellire un'opera che doveva mostrarsi degna del potere e della ricchezza del committente, in questo caso la Patria. Ecco allora la scelta dello splendido granito San Fedelino, la cui cava non è distante, con la sua fine grana ed il candido colore. Il forte Montecchio Nord faceva parte del progetto datato 1911 denominato "linea di operazione Mera-Adda", doveva servire a sostituire l'antico forte di Fuentes per sbarrare la via ad una forza d'invasione proveniente dal nord. Nel 1914 il forte era ancora in costruzione, venne quindi velocemente terminato per la fine dell'anno e messo in condizioni di essere operativo. Venne disarmato nel 1915 e riarmato definirivamente nei primi mesi del 1918. Entrando dal cancello si notano subito i cavalli di frisia ancora in loco e superata la garitta ed il corpo di guardia si oltrepassa un secondo cancello per trovarsi nel piazzale con il presidio, da dove parte la galleria che collega tra loro la batteria alla polveriera ed agli alloggi situati in un edificio ad un piano con mura di oltre due metri di spessore, posto su di un vespaio con tubazioni di condotta per l'aria di cui si notano le griglie alla base della parete di ciascun locale.Le camere hanno un interessante sistema idraulico: l'acqua, piovana o no, era raccolta in una cisterna da dove veniva aspirata con pompe a mano che la conducevano ai serbatoi posti in alto vicino al soffitto della camera degli ufficiali ed in fondo al camminamento dove, per caduta rifluiva ai rubinetti dei lavabi. La camera del comandante fungeva anche da ufficio. All'esterno vi è la cucina con i magazzini nei quali è sistemato un piccolo ma interessante museo. La galleria, coperta, con finestre chiuse da lastre di ferro munite di feritoie, porta dapprima alla polveriera, i cui locali contengono all'interno la "casetta" per isolare le munizioni, essendo l'esplosivo usato per le cariche di lancio (balistite) estremamente instabile, reagiva per simpatia non solo al calore ma anche alla luce. La polveriera infatti è nella semioscurità e l'unica luce è prodotta da una lampadina protetta con vetro affumicato e fessure per dar modo all'aria di circolare per raffreddarla. Qui erano stipati i sacchetti delle cariche esplosive. Nella galleria vi sono impianti di deumidificazione in lamiera con canaline di raccolta. La corrente elettrica era prodotta da un generatore ed i cavi sono incapsulati in tubi di metallo con protezione di carta catramata; essa serviva solo per illuminazione e per far funzionare il sistema di aspirazione che convogliava i fumi, tramite una condotta sotterranea, in una vasca piena d'acqua posta fuori dalla stanza del generatore, mentre il fumo aspirato era portato lontano dal forte in modo che se vi era una perdita questo non potesse tradire la posizione della fortezza. Tutti gli altri meccanismi del complesso erano manuali. Oltrepassata la polveriera, la galleria giunge al cuore dell'opera: il blocco blindato che ospita tuttora i 4 pezzi d'artiglieria calibro 149, di costruzione francese Schneider, splendenti e lustri come appena usciti dalla fabbrica e... perfettamente funzionanti (il percussore è stato prudentemente asportato). Disposto su due piani, al terreno si trovano i locali di servizio con la stanza del generatore, al piano superiore il lungo corridoio permette di accedere ai quattro pozzi con i cannoni che si raggiungono tramite una rampa di scale: l'affusto corazzato occupa l'interno del pozzo e i volani di servizio sono come nuovi, a lato della scala di accesso vi è la cremagliera che trasportava il proiettile per il caricamento, la cupola, apribile, è ancora in grado di ruotare su se stessa ed il pezzo ha un alzo fra -8° e +42°. Vi sono freno, recuperatore ed un sistema ad aria compressa che permette di espellere dalla canna i gas prodotti dalla carica; l'ammortizzatore idraulico eliminava il rinculo. Il tiro utile era tra gli 11 e i 14 Km. a seconda dei tipi di proiettili. Tornando indietro si accede al locale comando e da li, una scala conduce nell'osservatorio. Gli ordini erano impartiti mediante un sistema di tubazioni che portavano il suono nei vari locali, esse avevano l'imboccatura svasata e chiusa da un tappo di legno che fungeva anche da fischietto. Usciti all'aperto, è possibile salire sulla copertura del blocco batteria per ammirare la linea delle cupole corazzate da cui fuoriescono le lunghe canne dei cannoni proiettate contro l'aspro paesaggio dei monti circostanti. Sul pianoro del tetto vi erano altri magazzini di servizio. Nel 1939 il complesso fortificato chiamato "Lusardi" venne affidato alla Guardia di frontiera. Nel 1945 era occupato da un reparto della Contraerea e da una trentina di uomini. Il 25 aprile vi fu uno scontro fra italiani e tedeschi, battuti questi ultimi il forte fu consegnato al Comitato di Liberazione Nazionale: fu così che il 27 aprile i cannoni del forte tuonarono contro la colonna tedesca che a Dongo scortava Mussolini in fuga. I colpi andarono a vuoto ma convinsero il comandante tedesco ad arrendersi. Tratto dalla guida: "La Linea Cadorna" di Ambrogio Viviani e Roberto Corbella edito da Macchione Editore - 10,33 € |
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