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Lady Lindy
Chiamata con l'amichevole diminutivo coniato per Lindberg,
la Earhart fu la prima donna a compiere da sola la trasvolata atlantica.
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L'idrovolante Friendship, il Fokker VII/3m della trasvolata atlantica di Stultz, Gordon e la Earhart. Dopo quella trasvolata, l'aviatrice decise di ripetere l'impresa, ma come pilota e da sola. (foto Radio Times Hulton Picture Library).
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Amelia Earhart, che era nata il 24 luglio 1898, ebbe la ventura e forse, considerata la sua tragica fine, anche la sventura di vivere il periodo in cui volare era cosa da audaci pionieri spinti da spirito d'avventura. E la Earhart non solo aveva la necessaria dose di spirito d'avventura, ma per di più possedeva quella mentalità e quelle doti di carattere che erano requisiti indispensabili per chi, specie se di sesso femminile, volesse affermarsi nel mondo del volo. Per lei vivere voleva dire porsi una meta e raggiungerla ed a questo principio s'era attenuta sia durante la Prima guerra mondiale, quando aveva fatto l'infermiera militare in Canada, sia in seguito, quando aveva fatto l'assistente sociale nei quartieri popolari di Boston.
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Sull'Atlantico come passeggera
Nel 1928 la giovane Amelia fu la prima donna a volare da una costa all'altra dell'Atlantico, ma soltanto come passeggera (anche se le era stato attribuito il titolo, puramente simbolico, di Flight Commander, cioè di comandante dell'aereo). In realtà chi aveva pilotato l'idrovolante Fokker F VII/3m era stato Wilmer Stultz, mentre come meccanico di bordo aveva partecipato all'impresa Louis Gordon al quale, durante la trasvolata, erano stati affidati i tre motori radiali Wright Whirlwind da 300 CV a nove cilindri raffreddati ad aria grazie ai quali l'apparecchio poteva mantenere una velocità di crociera di 179 km/h.
Il Fokker aveva lasciato le acque di Terranova il 17 giugno 1928 ed era ammarato presso Swansea venti ore e quaranta minuti dopo. Come ella stessa avrebbe subito dopo riferito, perfino al presidente degli Stati Uniti, che le aveva inviato un telegramma di congratulazioni, Amelia ci teneva a precisare che "il merito del successo della trasvolata andava tutto a Stultz, che era andato fuori rotta di un solo miglio dopo aver volato alla cieca per 2246 miglia, fino a Valencia". Però la stampa di tutto il mondo, e la cosa è comprensibile, dedicò a lei la maggior attenzione al punto che i giornali americani la soprannominarono Lady Lindy come per metterla sullo stesso piano di Lindberg (di cui Lindy era l'affettuoso diminutivo). Quel tipo di pubblicità non piacque alla "passeggera", che decise di far qualcosa per meritarsi davvero l'attenzione dei giornali e del pubblico e più precisamente di ripetere come pilota la trasvolata atlantica. |
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Amelia Earhart davanti a un Cirrus Moth DH 60, il 24 giugno 1928, pochi giorni dopo aver volato dall'America all'Inghilterra come passeggera. Con lei, nella foto, il capitano A.S. White (foto Radio Times Hulton Picture Library) |
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Avendo imparato a pilotare senza che i genitori lo sapessero, Amelia impiegò quattro anni a prepararsi, da quella perfezionista che era; quattro anni nel corso dei quali accumulò mille ore di volo, studiò la teoria e la pratica del volo strumentale e della navigazione cieca in condizioni di cattivo tempo.
Nell'aprile del 1932 la giovane si ritenne pronta a tentare l'impresa con il monoplano Vega della Lockheed che si era comprata nel 1929 (il Vega, un monomotore per sei passeggeri, aveva molto successo tra i piloti). Per la trasvolata il motore Wright di serie da 220 CV fu sostituito con un Pratt & Whitney Wasp da 420 CV, mentre sotto le ali e nell'abitacolo furono installati serbatoi supplementari grazie ai quali l'autonomia passò da 1450 a 5150 chilometri.
Il 20 maggio 1932 Amelia Earhart decollò da Harbour Grace (Terranova) puntando a Est e salì fino a 3700 metri andando ad incappare in una fascia di pioggia e fitta nebbia. Poiché il Vega s'era fatto pigro nel rispondere ai comandi, l'aviatrice ritenne che questo dipendesse dalla formazione di ghiaccio sulle superfici e di conseguenza si abbassò, ma s'abbassò tanto che giunse quasi a sfiorare le creste spumeggianti delle onde dell'atlantico e fu costretta a riprendere quota.
La Distinguished Flying Cross
Sempre volando nella fitta coltre di nubi Amelia dovette affidarsi esclusivamente alla bussola giroscopica Sperry, che ogni quarto d'ora regolava su una nuova prua per ovviare allo scarrocciamento stimato. L'aereo si comportava splendidamente, salvo quando, per qualche momento, da una falla nel nel tubo di scarico la Earhart vide uscire lingue di fuoco. All'alba il collettore dei gas di scarico prese a vibrare minacciando di staccarsi, ma per fortuna davanti alla prua dell'aereo comparvero le alture irlandesi di Donegal: la trasvolata era ormai giunta al termine anche se, per l'infuriare di un temporale, l'aviatrice fu costretta a puntare verso Nord, seguendo a vista la linea ferroviaria per Londonderry.
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Il 22 maggio 1932, il giorno dopo aver trasvolato l'Atlantico da sola atterrando a Londonderry, la Earhart giunse a Londra. Qui fu ricevuta da Andrew Mellon, ambasciatore degli Stati Uniti (con lei nella foto), nella sua residenza di Prince's Gate (foto Radio Times Hulton Picture Library). |
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Per l'assenza nella zona di un campo di aviazione, la Earhart dovette atterrare su un prato in lieve discesa. Avendo valicato l'Atlantico in quindici ore e otto minuti, Amelia Earhart si considerò finalmente soddisfatta e pronta ad accettare il soprannome di Lady Lindy che prima le era stato attribuito, secondo lei, del tutto ingiustificatamente. Così pure accettò la Distinguished Flying Cross (prima donna a ricevere tale decorazione) concessale dal presidente degli Stati Uniti.
Per carattere tutt'altro che pronta a riposare sugli allori, Amelia Earhart non s'appagò dell'essere stata la prima donna a trasvolare l'Atlantico da sola e il 25 agosto, appena tre mesi dopo essere stata acclamata come la prima donna che avesse trasvolato un oceano, diventò la prima donna a trasvolare senza scalo da Los Angeles a New York il continente nordamericano. Ci impiegò esattamente 19 ore e 5 minuti, un tempo che abbassò l'anno dopo, il 7-8 luglio 1933, quando ripeté la trasvolata in senso inverso impiegando 17 ore e 7 minuti. |
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White e la Earhart davanti al DH 60. |
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Dalle Hawaii alla California
C'era un'impresa aerea che molti avevano tentato ma nessuno era riuscito a portare a termine: la trasvolata di 3860 chilometri del Pacifico, dalle Hawaii alla California ed Amelia Earhart volle tentarla. Acquistò un nuovo Vega (quello della trasvolata atlantica era stato venduto per 8000 dollari al Franklin Institute of Filadelfia) e a Natale del 1934 era già pronta alle Hawaii in attesa di favorevoli condizioni atmosferiche.
L'apparecchio, con serbatoi supplementari per quasi duemila litri di carburante, pesava circa tre tonnellate. Si presentava difficile, con quel peso, il decollo dalla pista di 1800 metri coperta di fango, ma alle sedici e trenta dell'11 gennaio 1935 Amelia decollò dopo una lunga rullata sull'erba del campo e salì a 1500 metri. Mentre sorvolava Diamond Head guadagnò ancora un po' di quota fino a 2100 metri, quindi mise la prua a nord-est nel cielo sereno.
Paragonato alla trasvolata atlantica, questo volo transpacifico non presentò grandi difficoltà. Ogni mezz'ora l'aviatrice si metteva in contatto radio con le Hawaii e costantemente guardava in basso per avvistare i fasci di luce dei riflettori che le navi in navigazione della zona erano state richieste di accendere qualora avessero sentito il rumore del motore dell'aereo.
A mezzanotte il Vega aveva percorso 1450 chilometri e poco dopo l'alba Amelia poté controllare la propria posizione allineandosi con la scia del transatlantico President Pierce in rotta per San Francisco da Honolulu.
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Amelia al termine del volo che le valse il soprannome di Lady Lindy poichè era stata la prima donna ad attraversare l'Atlantico. Ma l'aviatrice non fu d'accordo essendo stata solo passeggera della trasvolata compiuta da W. Stultz (con lei nella foto) (Popperfoto). |
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L'avvistamento le permise di complimentarsi con se stessa: le sue correzioni di rotta erano state quanto mai accurate. Circa otto ore dopo, verso mezzogiorno, il Vega giunse in vista della baia di San Francisco e poco dopo posava le ruote sul campo d'aviazione di Bay Farm Island, presso Oakland. Sul proprio libretto di volo la Earhart poteva segnare un nuovo record personale: quello di durata, perché aveva volato per 18 ore e 16 minuti.
Il Trofeo Harmon
Nello stesso 1935 Amelia compì altre due "prime", sempre con il servizievole Vega. il 19-20 aprile effettuò il primo volo di un pilota isolato da Los Angeles a Città del Messico, in poco più di 13 ore e 30 minuti. L'8 maggio volò (anche questa impresa non era mai stata compiuta prima da altri) da Città del Messico a Newark, nel New Jarsey, restando in aria 14 ore e 19 minuti. Ormai il pubblico la conosceva bene, la gente l'acclamava ogni volta che la vedeva e nel 1936 la Lega internazionale degli aviatori ne consacrava la fama concedendole il Trofeo Harmon, ambitissimo riconoscimento di eccezionali capacità aviatorie concesso fino allora soltanto ad un'altra donna, la neozelandese Jean Batten.
Fino a quell'anno Amelia Earhart era rimasta fedele al Vega, ma nel maggio del 1936 cominciò a pensare di adottare un aeroplano bimotore, soprattutto con lo scopo di impiegarlo poi, se possibile, per la massima impresa aviatoria pionieristica immaginabile: la circumnavicazione del mondo lungo il massimo tra i paralleli, cioè l'equatore. A questo punto va detto che per la Earhart quello che andava facendo nella vita, e quindi soprattutto ciò che sembrava facesse meglio, cioè volare, doveva significare da un lato aprire nuove vie al progredire umano, dall'altro dare un contributo alla causa del femminismo riaffermando la necessità di concedere anche alle donne che avessero il brevetto di pilotaggio la possibilità di mettersi ai comandi delle macchine più recenti e di usare la più sofisticata strumentazione.
L'aeroplano Lockheed Electra L10E era proprio un aereo modernissimo e dotato di quanto di più sofisticato, in tema di equipaggiamento e strumenti, la tecnologia del tempo poteva mettere a disposizione di un aviatore.
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Amelia a fianco al Lockheed Vega col quale compì la trasvolata atlantica e successivamente sorvolò il Pacifico da Honolulu a Oakland (http://www.ameliaearhart.com/). |
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L'Electra era un aereo a dieci posti, con due motori Pratt & Whitney da 420 CV a nove cilindri radiali raffreddati ad aria capaci di assicurargli una velocità di crociera di 326 km/h e munito di doppi comandi. Si trattava del più recente modello di aeroplano civile disponibile sul mercato, ma la Earhart aveva bisogno, in vista dell'impresa che si prefiggeva di tentare, che l'apparecchio potesse disporre di maggiore autonomia; e trattandone l'acquisto, chiese alla Lockheed di provvedere alle modifiche necessarie. La casa montò sull'aereo 12 serbatoi supplementari di carburante: tre in ciascuna semiala e sei in fusoliera, unendoli ad un sistema di alimentazione incrociata comandato da una valvola principale montata sul pavimento dell'abitacolo. Con questo accorgimento l'Electra consegnato all'aviatrice poteva caricare circa 4800 litri di carburante per un'autonomia di 7200 chilometri.
Laboratorio volante
L'aviatrice fu soddisfatta. Avendo la possibilità di affidarsi, durante il volo intorno al mondo, al pilota automatico, ella intendeva fare dell'Electra una sorta di laboratorio volante, soprattutto per studiare gli effetti sul metabolismo in quota (in aerei senza abitacolo pressurizzato), dei voli che comportassero il rapido passaggio da un fuso orario all'altro e della stanchezza provocata dalla concentrazione necessaria per controllare una molteplicità di strumenti (l'Electra aveva circa cento tra quadranti e comandi diversi). A questa attività scientifica Amelia contava di dedicarsi durante il volo lungo l'equatore: circa 43000 chilometri.
L'impresa venne tentata due volte. Partita il 17 marzo 1937 da Oakland con tre uomini d'equipaggio, la Earhart giunse al campo Wheeler presso Honolulu, ma non ne potè ripartire per la seconda tappa (che l'avrebbe portata all'isola Howland) a causa di un'avaria alla ruota destra del carrello in conseguenza della quale, al decollo, l'apparecchio sbandò e riportò gravi danni all'ala destra. Via mare, aviatrice, equipaggio e aeroplano tornarono negli Stati Uniti e ci vollero ben dieci settimane perché l'Electra fosse di nuovo in condizioni di volare.
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Un'altra immagine vicino al fedele Vega (http://www.ameliaearhart.com/). |
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Nel frattempo la Earhart aveva deciso di alleggerire l'apparecchio rinunziando ai tre membri dell'equipaggio per portare con se solo un navigatore. Intanto difficoltà venivano sollevate sia da parte americana, sia da parte del Governo giapponese. Quest'ultimo si preoccupava del fatto che nel suo volo l'aviatrice avrebbe sorvolato isole e territori nei quali l'Impero del Sol Levante aveva impiantato proprie installazioni militari segrete, e solo dopo lunghe trattative diplomatiche concesse le autorizzazioni richieste.
Dal canto suo il Governo di Washington mostrava di preoccuparsi molto dell'incolumità della giovane pilota e chiedeva che all'impresa partecipasse un navigatore di sicura esperienza, facendo il nome di Fred Noonan, che la Earhart accettò (o dovette accettare). Sta di fatto che Nooan era effettivamente un abile ufficiale di rotta, ma era anche ufficiale di marina e, sempre secondo autorevoli fonti, anche ufficiale dei servizi segreti americani, particolare che - sembra - i giapponesi non ignoravano.
Il 1° giugno l'Electra decollò da Miami alle 5 e 56 minuti puntando su Portorico, da dove ripartì il giorno seguente alla volta della Guayana Olandese (ora Suriname). Mentre la stampa di tutto il mondo seguiva i progressi dell'aviatrice l'Electra passava in brasile, attraversava l'Atlantico fino a Dakar, quindi faceva tappa a Khartoum, Karachi, Calcutta, Bangkok, Singapore, Giava e infine in Australia. Quando la Earhart e Fred Nooan, partiti da Port Darwin (Australia) giunsero felicemente a Lae, nella Nuova Guinea, avevano percorso 35000 chilometri in 30 giorni senza incontrare difficoltà gravi, salvo il maltempo in India e in Birmania per la stagione dei monsoni.
La radio funzionava male
Dopo l'arrivo a Lae, avvenuto il 30 giugno, Nooan si trovò in difficoltà perchè, a causa del cattivo funzionamento della radio da 500 watt montata sull'aereo, non riusciva a ricevere i segnali necessari per regolare i cronometri. La faccenda era seria perchè l'errore anche di un solo minuto secondo significava una deviazione dalla rotta di circa 6 km e mezzo, cosa inaccettabile a quel punto della trasvolata poiché ora si trattava di lasciare la Nuova Guinea e volare per 4113 km fino all'isola Howland, un minuscolo punto nell'immensità del Pacifico. Però Amelia decise di non tornare in Australia per sostituire o far riparare la radio e alle 10,30 del 2 luglio l'Electra prese il volo. Decollò e scomparve nel mistero con l'aviatrice e il navigatore, poiché non giunse mai all'isola Howland, né fu mai più visto. Alle 17,30 una stazione della Nuova Guinea ricevette dalla Earhart un messaggio in cui l'aviatrice diceva di essere a 1230 km di distanza ; poi si ebbero solo contatti saltuari, senza riuscire a capire cià che l'aviatrice diceva. Si poté solo apprendere che l'aereo stava volando con forte vento di prua e consumava molto carburante (ma a bordo ce n'era per 6400 km). Poi il cutter Itasca della Guardia Costiera, in navigazione nelle acque dell'isola Howland, captò un messaggio con il quale la Earhart segnalava di essere a 320 miglia dall'isola.
Dopo fu il silenzio, o meglio il mistero, perché nonostante i 16 giorni di operazioni di ricerca della Marina, che impiegò anche gli aeroplani della portaerei Lexington, nulla fu trovato. Circa 30 anni fa un ex-sottufficiale giapponese disse a un redattore della United Press International che su un'isola giapponese del Pacifico, proprio nel 1937, una donna ed un uomo, giunti con un aeroplano, erano stati fucilati come spie. Qualcuno affermò anche di sapere dove si trovava la tomba di Amelia Earhart. Né l'una né l'altra rivelazione trovarono però conferma. |
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