Costituito da una basilica e 50 cappelle sorgenti isolate o inserite in grandi complessi monumentali (Nazaret, Betlemme, Palazzo di Pilato, Calvario, Sepolcro, Casa Parella9, popolato da più di 800 statue in legno e terracotta policroma ad altezza naturale, recitanti il dramma della vita, passione e morte del Cristo in ambienti completamente affrescati, il Sacro Monte di Varallo è, per data di fondazione (1491), il più antico dei Sacri Monti e, per significato artistico e religioso, uno dei più importanti.
Al visitatore, l'area entro il recinto sacro si presenta suddivisa in due zone ben distinte: una in pendenza, densa di piante e di verde, è organizzata come un giardino; qui le cappelle, poste nei punti strategici dei percorsi e introdotte dalla prima di ADAMO ed EVA o del PECCATO ORIGINALE, narrano i fatti della vita del Cristo; la seconda zona, sulla sommità, preceduta dalla PORTA AUREA, costituita da palazzi arricchiti da portici, articolata nelle due piazze del tempio (piazza religiosa) e dei tribunali (piazza civile), nella volontà di riproporre la città di Gerusalemme, è impostata come una città. Qui le cappelle narrano i fatti di Cristo avvenuti entro e presso le mura di Gerusalemme, dall'Ultima Cena, ai sepolcri, alla resurrezione, all'assunzione della Madonna.
Tale carattere di città distingue il Sacro Monte di Varallo da qualsiasi altro Sacro Monte.
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CENNI STORICI
La configurazione attuale del Sacro Monte è il risultato di una molteplicità di interventi, attuati dall'ultimo decennio del 1400, sino alla metà del 1800.
Inizialmente il Sacro Monte rappresentò i Sacri Luoghi palestinesi, memorizzando la topografia d'Oriente (Nazaret, Betlemme, Getsemani, Monte Calvario, ecc.) con cappelle simili, per struttura, agli originali luoghi.
Prima con padre Bernardino Caimi, (morto nel 1499), già rettore dei Sacri Luoghi palestinesi, eminente uomo politico e religioso, intimo di Ludovico il Moro, e poi con i padri Candido Ranzo e Francesco da Marignano (1499-1517), l'Ordine Francescano, coadiuvato dalla cittadinanza varallese e dalla ricca famiglia Scarognini, eresse il primo Sacro Monte in questa valle allora ai confini estremi del Ducato di Milano. Nel 1530 si contavano già più di 30 cappelle ed una chiesa maggiore della Madonna Assunta (oggi Albergo del Pellegrino). Sino al 1529 operò da protagonista Gaudenzio Ferrari, pittore, scultore e architetto, autore dei più avvincenti drammi sacri a scena fissa. Prosecutori della sua opera furono il Lanino, Giulio Cesare Luini, Fermo Stella da Caravaggio.
Dalla metà del 1500 iniziò un'opera di totale rinnovamento del Sacro Monte. In piena epoca di Controriforma, nell'intento di conferire somma importanza alla rappresentazione dei contenuti sacri, si decise di raffigurare, in ordine cronologico, tutti i fatti della vita, passione e morte di Gesù. L'area del Monte fu spartita nella zona sottostante (mantenuta a verde) e nella zona della sommità, destinata a rappresentare la Città di Gerusalemme. Dal 1570 al 1590 vennero costruite (e in buona parte completate da affreschi e statue) le cappelle dell'area a giardino; dal 1590 al 1640 fu attuata la sistemazione urbanistica, architettonica e figurativa dell'area sopraelevata.
Si venne così configurando un Sacro Monte dove i punti cardine delle prime rappresentazioni, non più leggibili nel primo significato riferito ai Luoghi Sacri d'Oriente se non come dato isolato, furono inglobate nel nuovo impianto, modellato secondo le esigenze della Chiesa della Controriforma, tra cui rientrava, quale mezzo più qualificante di diffusione della fede, la spettacolarità drammatica dei fatti sacri.
Determinante in tale rinnovamento, l'opera di architetto di Galeazzo Alessi (1565-1569) con il grandioso progetto del Libro dei Misteri (Varallo, Biblioteca Civica), la pianificazione del tempo di San Carlo Borromeo (1570-1584), del vescovo Bescapé (1593-1614) e l'attività di architetti quali il perugino Domenico Alfano (1590-1603) e i valsesiani Giovanni D'Enrico e Bartolomeo Ravelli (1602-1640). Scultori come il Tabacchetti, Giovanni D'Enrico; pittori come il Morazzone, il Tanzio, il Rocca, il Gherardini, il Gianoli, operarono nel solco della rappresentazione scenica fissata da Gaudenzio Ferrari.
Ma fu col binomio Morazzone-D'Enrico e più ancora con quello dei due fratelli D'Enrico, Giovanni e Tanzio, che sul Monte si concretizzò, in un magico rapporto tra scultura e pittura, il più spettacolare, sacro, "gran teatro montano".
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I MATERIALI E IL LORO USO
La perfetta ambientazione del Sacro Monte nel contesto paesaggistico è dovuta anche all'uso, nella sua costruzione, di soli materiali locali. Di "beole", lastre di pietra grigia estratte da cave dell'Alta Valle, sono i tetti degli edifici. Di pietra di Loreto (località prossima a Varallo), o di marmo di Parone (lo stesso usato anche nel Duomo di Milano) sono colonne, gradini, rivestimenti, profili architettonici, ...; in prezioso marmo verde di Cilimo, sono realizzate colonne, balaustre, altari degli interni della Basilica e dell'Oratorio del Sepolcro.
Vasto l'impiego del legno, ricavato dai già estesi boschi locali. Di legno di noce intagliato sono, nelle cappelle, grate, inginocchiatoi, gli arredi interni dei vestiboli. Totalmente di legno erano anche le sculture del primo Sacro Monte, poi manichini lignei, con capelli simili al vero, rivestiti di tele gessate e dipinte.
Già dal secondo decennio del 1500, con Gaudenzio Ferrari, si usò per le statue la terracotta, con l'apertura al Sacro Monte di cave di terra e forni per la cottura.
Le statue, modellate all'interno delle cappelle (e vuote dentro), erano tagliate a pezzi, cotte nei forni, rimontate con legami di ferro e staffe metalliche, quindi dipinte.
Da botteghe artigiane della vicina Roccapietra provengono, già dalla seconda metà del 1500, le grandi vetrate soffiate, sagomate e piombate.
Merita menzione, per varietà di materiali impiegati, la tavola imbandita dell'Ulrima cena (cappella 20), eccezionale esempio di "natura morta" in scultura policroma, eseguita tra il '500 e il '700: vassoi di pere, mele, albicocche, pesche in terracotta, facenti corpo unico col piatto, pane e frutta in cera soffiata, trote, aragoste, ciliege, in legno e metallo dipinto, frutta in marmo, frutti esotici in cartapesta colorata e altro ancora; splendidi i bicchieri di Murano (ora al museo del Sacro Monte), le caraffe secentesche, le maioliche del '500, i vassoi di legno scolpito, dorati dagli Orgiazzi (1779). |
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