PALAZZO DUCALE (1560-1561)
Sede di rappresentanza, centro della vita pubblica ed amministrativa dello stato di Sabbioneta, il Palazzo Ducale domina l'omonima Piazza Ducale.
Fu realizzato tra il 1560 e il 1561 dopo il violento incendio che aveva devastato l'edificio precedente. Il palazzo si sviluppa su quattro livelli: il seminterrato, il piano terra, il piano nobile ed il piano ammezzato, adibito a residenza del duca Vespasiano Gonzaga.
La facciata presenta nella parte inferiore un porticato a bugnato posto ad un livello rialzato, caratterizzato da cinque aperture arcuate. L'alta gradinata d'ingresso è in marmo bianco. Una cornice marcapiano, sulla quale poggiano cinque aperture, separa la parte superiore da quella inferiore. Le finestre sono profilate in marmo e sono sormontate da timpani triangolari e curvilinei alternati. Sulle architravi è incisa l'iscrizione ducale: "VESP. D. G. DVX SABLON. I" (Vespasiano per grazia di Dio primo duca di Sabbioneta). Nel Cinquecento, sulle mensole sopra le finestre si trovavano busti marmorei di imperatori romani. A destra della scalinata, sulla piazza, un tempo v'era un basamento marmoreo su cui era posta una statua bronzea del duca, dell'aretino Leone Leoni, ora situata nella Chiesa dell'Incoronata. Sopra il parapetto del balconcino erano poste le due colonne di bronzo, le quali reggevano un cupolino di bronzo che formava una piccola loggia. La parte superiore della facciata fu dipinta nel 1584 da Bernardino Campi e da Michelangelo Veronese.
Sala di Diana
Nel riquadro al centro della volta si trovano tracce di un dipinto raffigurante Diana ed Endimione, da cui il nome della sala. Il resto della decorazione è a "grottesche". Nelle lunette sono dipinte scene venatorie che si alternano ad immagini di divinità olimpiche. Tutte le decorazioni, anche le grottesche, sono riferibili al mantovano Giulio Rubone, un epigono di Giulio Romano.
Camerino dei Dardi
E' il vestibolo della Sala del duca d'Alba o Sala d'Oro. Al centro del soffitto ligneo dorato si trova lo stemma ducale contornato dal collare del Toson d'Oro. Ai lati del Toson d'Oro è collocata l'impresa araldica del fulmine alato. Nel Cinquecento la piccola stanza era munita di un camino sopra il quale era collocato un tondo marmoreo antico con l'effige di Augusto.
Sala del duca d'Alba o Sala d'Oro
Un tempo dedicata a Ferdinando Alvarez di Toledo duca d'Alba, ospita ancora un imponente camino in marmo rosa di Verona sostenuto da leoni. L'architrave reca l'iscrizione ducale "VESP. D. G. DVX SABLON. I". Nella nicchia sopra la cappa era posto un busto in bronzo con il ritratto del duca d'Alba fuso dall'aretino Leone Leoni. Il soffitto ligneo dorato è composto da cassettoni lavorati ed intagliati. La porta murata della parete breve un tempo conduceva nel Salone dei Cavalli, l'ambiente più vasto del palazzo, distrutto da un incendio agli inizi dell'Ottocento in cui si trovavano le dieci statue equestri della Cavalcata, parte delle quali sono oggi conservate nella Sala delle Aquile al piano nobile del palazzo.
Sala delle Aquile
La vasta sala ospita oggi ciò che rimane della Cavalcata, la serie di statue equestri lignee scolpite nel 1587 da un artista veneto per celebrare le virtù militari della stirpe Gonzaga. Le dieci statue in origine erano collocate nel Salone dei Cavalli, un vasto ambiente posto nel retro del palazzo, distrutto da un violento incendio agli inizi dell'Ottocento. Le fiamme distrussero completamente alcune statue e ne danneggiarono seriamente altre. Al centro centro della sala la statua del duca Vespasiano Gonzaga Colonna in armatura da parata ed il collare dell'ordine cavalleresco del Toson d'Oro. A lato il padre Luigi detto Rodomonte, il bisnonno Gian Francesco, primo signore del feudo di Sabbioneta e Ludovico, terzo capitano del popolo, appartenente alla linea principale dei Gonzaga di Mantova. in fondo alla sala sono posti i cinque busti che furono recuperati dalle statue danneggiate dall'incendio. Il perimetro della sala è interamente percorso da un fregio affrescato con grandi aquile che reggono festoni di fiori e frutta, mentre dal loro collo pendono blasoni con gli stemmi della famiglia Gonzaga. In epoca napoleonica gli stemmi furono cancellati e sostituiti da lettere capitali che compongono la scritta "VIVA LA REPVBBLICA".
Sala degli Imperatori
E' il più importante ambiente del palazzo. Il prezioso soffitto diviso in nove lacunari fu scolpito nel 1561 e fu dipinto e dorato l'anno seguente. Nei quattro grandi cassettoni d'angolo sono fissati altrettanti stemmi lignei: lo stemma inquartato Gonzaga-Colonna, e quello della famiglia spagnola Aragona, la casata della seconda moglie del principe. Al centro li riassume un unico blasone che si conviene Gonzaga-Colonna-Aragona. Nel fregio dipinto con motivi vegetali si trovano vasi e anfore, intervallati da mensole sulle quali, fino al 1773, poggiavano busti marmorei di imperatori. Nei dodici riquadri che intervallano le mensole erano invece collocati altrettanti ritratti di imperatori romani realizzati da Bernardino Campi sui celebri modelli di Tiziano, conservati nel Camerino dei Cesari del Palazzo Ducale di Mantova. Gli otto busti antichi e i dodici ritratti sono ora a Mantova, in parte nella reggia gonzaghesca. Le pareti un tempo erano rivestite da pannelli in cuoio di foggia spagnoleggiante.
Galleria degli Antenati
Secondo il gusto antico di porre i ritratti degli avi nell'atrium della domus, Vespasiano fece disporre in questo luogo i ritratti a bassorilievo dei suoi antenati. La teoria di celebri personaggi inizia con Luigi Corradi da Gonzaga (dalla finestra, il primo nella parete lunga di destra), colui che il 16 agosto 1328 assunse il potere a Mantova iniziando il dominio della famiglia sulla città virgiliana, e si conclude con i ritratti del Medesimo Vespasiano (dalla finestra, il primo nella parete lunga di sinistra), della seconda moglie Anna d'Aragona e dal suo figlio maschio Luigi (ai lati della finestra, nella parete piccola), raffigurato ancora bambino. Sopra la finestra si trova la scritta in capitali dorate "VESP. GONZ. COL. GENTILIBVS SVIS" (Vespasiano Gonzaga Colonna con i suoi antenati). La volta è decorata a grottesche mentre un elaborato cordone a stucco la divide in diversi riquadri. In quello centrale è Fetonte dipinto sul carro del sole, mentre i due ovali delle estremità ritraggono Mercurio e Marte. Pregevoli sono i sei paesaggi fiamminghi posti alla base della stessa volta.
Sala degli Elefanti
Vasto ambiente antistante la piazza probabilmente adibito ai più importanti dibattimenti civili e penali, esso presenta un importante fregio che raffigura una curiosa teoria di elefanti. Il collo di ogni animale è cinto da una catena che viene trattenuta da un braccio umano, simbolo della ragione che tiene a freno le forze della natura per ricostituire l'ordine garantito dalla giustizia. Al centro del fregio, nella parete corta verso la piazza, si trova l'allegoria della giustizia, una figura femminile assisa con spada e bilancia. Nella trabeazione dipinta sopra la finestra si legge il motto oraziano "VI SVPERVM" (Per la forza degli dei). Alle pareti un tempo erano posti i ritratti di alcuni dogi veneziani, dell'imperatore Carlo V e di Isabella Gonzaga Carafa, figlia ed erede di Vespasiano.
Sala dei Leoni
L'elaborato soffitto ligneo presenta al centro due fiere araldiche reggenti lo stemma ducale. E' il primo di una serie di quattro soffitti intagliati da falegnami locali in cedro del libano, un prezioso legno, duro da lavorare ma destinato a mantenersi intatto nel tempo in quanto profumato, quindi non facilmente aggredito dagli insetti xilofagi. I soffitti sono ricchi di decorazioni secondo il gusto manierista e molto prossimi al ridondante decorativismo dell'oreficeria spagnola.
Sala delle Città Marinare
Alle pareti lunghe si scorgono le tracce di due affreschi che imitano arazzi con vedute di città. Oggi sono visibili solo due riquadri con le vedute di Genova a sinistra e Costantinopoli a destra. Nel 1561 la sala era parte di un corridoio, la Galleria delle Città, lungo circa 24 metri che comprendeva gli ambienti successivi e percorreva due lati del cortile interno. Costituiva dunque una preliminare galleria della quale Vespasiano Gonzaga aveva fatto sistemare provvisoriamente il corpus della sua collezione di pezzi archeologici, nell'attesa di far edificare il lungo corridore della piazza del castello. Negli anni ottanta del Cinquecento la Galleria delle Città fu tramezzata e furono ricavati nuovi ambienti con gli elaborati soffitti in cedro.
Sala degli Ottagoni
Sala che deve il suo nome alla forma ottagonale dei lacunari che formano il pregiato soffitto ligneo, essa richiama l'attenzione per le preziose pigne aperte che pendono verso l'osservatore. Questo ambiente ospitava la Libreria grande del duca, una raccolta di manoscritti e libri a stampa, soprattutto trattati di architettura militare, geometria e matematica. Dopo la morte del duca la biblioteca fu trasferita in un salone d'angolo del convento dei Servi di Maria e lì rimase fino al momento delle soppressioni napoleoniche. Oggi la biblioteca è dispersa.