PALAZZO GIARDINO (1578-1588)
Villa suburbana, parte della zona della città riservata esclusivamente al principe, il palazzo costituiva un luogo di delizie in cui il duca si ritirava per leggere, studiare e trovare sollievo dagli impegni di governo.
Edificio di modeste dimensioni, il Palazzo del Giardino è caratterizzato da una facciata intonacata di bianco, in contrasto con il prezioso cornicione in quercia. Nel 1588 l duca ne fece dipingere l'esterno con motivi geometrici in finto marmo. L'edificio, a due piani e di forma allungata, fu trasformato a partire dal 1578 e venne ultimato con il suo apparato decorativo nel 1587 circa. La soprintendenza dei lavori di decorazione fu affidata nel 1582 al celebre pittore cremonese Bernardino Campi ed alla sua équipe di collaboratori. Nonostante la sobria struttura, all'interno si scopre un itinerario decorativo basato sulla vasta cultura letteraria di Vespasiano. Probabilmente lo stesso duca diede precise indicazioni nella stesura del programma iconografico.
Camera dei Cesari
Sulle pareti è dipinto un peristilio con colonne binate; negli intercolunni sono inserite finte statue di Cesari. Nella parete di fondo, Minerva, con in mano la Vittoria alata, è fiancheggiata da due prigionieri legati a dei cippi. Al lato della finestra la Fama alata regge una tromba.
La volta, decorata a grottesche, è a due crociere raccordate ad una volta a botte. Nelle lunette sono riportate grandi medaglie a monocromo in cui sono ritratti i profili di alcuni imperatori. Le due lunette alla base della piccola volta a botte di raccordo presentano scene monocrome di battaglia realizzate da Bernardino Campi.
Camera di Filemone e Bauci
Sulle pareti lunghe sono affrescati rispettivamente il Circo Massimo ed il Circo Flaminio secondo le incisioni di Antoine Lafrery. Sul lato breve rivolto verso la piazza è dipinta una prospettiva urbana che allude alla scena scamozziana del teatro. Dall'altra parte un arco dipinto incornicia un paesaggio agreste, opera di uno sconosciuto pittore fiammingo, probabilmente da considerarsi un invito ad affacciarsi sul giardino del palazzo. Il soffitto è suddiviso in riquadri da una ricca cornice a stucco realizzata da Giovan Francesco Bicesi, detto il Fornarino. Nel riquadro centrale è dipinta una figura alata che regge lo stemma ducale, circondata da leoni ed aironi. Le quattordici lunette rappresentano la favola mitologica di Filermone e Bauci, tratta dall'VIII libro delle Metamorfosi di Ovidio, dipinte da Bernardino Campi.
Camera dei miti
Nella volta a padiglione un'elaborata cornice in stucco, modellata dal Fornarino e dorata da Martire Pesenti, vi sono ovali in cui sono raffigurati i miti di Dedalo e Icaro, Aracne e Minerva, Fetonte ed Apollo e Marsia. Nel riquadro centrale, invece, si trova un miro raramente raffigurato: quello di Saturno e Filira. Gli affreschi furono realizzati da Bernardino Campi. Nel fregio sono collocati catini con mensole intervallato da riquadri con imprese gonzaghesche. Nel Cinquecento sulle mensole si trovavano i busti di imperatori romani mentre nel catino allungato sopra la finestra era posto un Cupido dormiente in marmo. La finestra era costituita da una bifora divisa da una colonnina tortile in marmo serpentino con base e capitello in giallo antico. I preziosi intarsi in marmo che rivestivano la parte bassa delle pareti, il pavimento ed il camino furono scrostati alla fine del Settecento e trasferiti a Mantova per riqualificare alcuni ambienti di Palazzo Ducale.
Corridoio d'Orfeo
Dipinto da un allievo di Carlo Urbino, principale collaboratore di Bernardino Campi, il corridoio raffigura quattro episodi del mito di Orfeo. A sinistra, per chi si dirige nella Sala degli Specchi, Orfeo mentre ammansisce le belve al suono della sua lira e i resti del musico galleggianti sul fiume Ebro; a destra, Orfeo agli Inferi davanti a Plutone e Proserpina e le Baccanti che lo uccidono facendolo a pezzi. La volta, a botte all'antica, presenta lacunari in stucco con deliziose roselline.
Studiolo o Camerino di Enea
E' uno dei più preziosi ambienti del palazzo nonchè lo studiolo del duca Vespasiano Gonzaga Colonna. Sulle pareti sono raffigurati episodi tratti dai primi sei libri dell'Eneide, dipinti nel 1585 dal pittore cremasco Carlo Urbino e dai suoi aiuti. La volta semisferica è suddivisa in diversi scomparti da un'elaborata cornice in stucco modellata dal Fornarino e dorata da Martire Pesenti. Nei cinque ottagoni, Bernardino Campi dipinse putti recanti gli attributi di alcuni dei. Negli scomparti minori, invece, egli affrescò animali esotici, figure ibride ed uccelli. Gli ovali in stucco della volta raffigurano le quattro Virtù cardinali (Giustizia, Forza, Prudenza, Temperanza). Alla base del capolino si alternano formelle con personificazioni di fiumi. Nella parte inferiore del soffitto sono inserite tre formelle in stucco e bassorilievi con scene di vita romana, opera dello stuccatore mantovano Bartolomeo Conti. Al di sopra della finestra si trovano lo stemma ducale, caratterizzato dall'aquila imperiale e dalla scritta "LIBERTAS" e quello Gonzaga-Colonna.
Sala degli Specchi
Ambiente più grande del palazzo, esso era adibito alle feste di corte. Probabilmente due specchi veneziani erano collocati negli archi cechi delle pareti brevi, mentre nei cinque lacunari del soffitto erano poste altrettante tele dipinte. Di tali arredi, smontati nel Settecento, se ne persero le tracce. Ai lati di ciascuna finestra e della porta che immette in galleria vi sono palastre dipinte con armi ed oggetti annodati tra loro da un drappo che parte da una testa leonina. Tali insiemi di oggetti e armi, detti "panoplie", furono dipinti dai collaboratori di Bernardino Campi. Tra le finestre vi sono quattro (1 - 2 - 3 - 4) riquadri affrescati a paesaggio realizzati da un pittore fiammingo operante nel 1586 alla corte di Vespasiano Gonzaga Colonna, forse Jan Soens. Sopra ciascuna finestra sono poste formelle rettangolari in stucco con scene di vita romana modellate da Bartolomeo Conti. Nelle pareti brevi, ai lati degli archi cechi e sopra ciascuna delle porte, sono collocate mensole con catini che un tempo ospitavano busti antichi.
Camerino delle Grazie
Piccolo e delizioso ambiente dalle pareti interamente decorate a grottesche, è arricchito da un soffitto a stucco che reca un intreccio di girali incornicianti la testa del Gorgone posta al centro. La raffinata decorazione a grottesche e gli stucchi furono realizzati da Giovan Francesco Bicesi, detto Fornarino. Questo piccolo ambiente svolgeva forse la funzione di spogliatoio per le dame.
GALLERIA
Il "Corridor grande nella piazza del castello" fu edificato tra il 1584 ed il 1586 e presenta un articolato esterno in pietra a vista.
Nonostante il nome, la galleria non ha alcuna funzione di collegamento; non doveva infatti unire gli ambienti ducali del palazzo Giardino ad un altro luogo posto alla sua estremità, come nei modelli d'oltralpe. Fu costruita, invece, per essere il contenitore della collezione archeologica del duca, una raccolta di marmi antichi che egli acquistò dopo il suo rientro dalla corte reale di Spagna nel 1578. Busti, statue, epigrafi e bassorilievi furono comprati prevalentemente a Roma e a Venezia presso impresari e collezionisti. La collezione comprendeva anche trofei di caccia provenienti dalle raccolte imperiali di Praga. Nel 1589, dopo un soggiorno presso la corte rufdolfina, Vespasiano, tornò a Sabbioneta con 20 palchi di corna ricevuti in dono dall'imperatore Rodolfo II e li fece collocare nella galleria tra le statue e le epigrafi antiche, testimonianza del profondo legame che univa il ducato di Sabbioneta e l'Impero asburgico.
La collezione di marmi antichi e trofei rimase all'interno dell'edificio fino al 1773, quando, per un decreto austriaco, fu trasferita nel palazzo dell'Accademia di Mantova. Nel 1774 i funzionari al servizio del governo austriaco confiscarono tutti gli oggetti mobili presenti nei palazzi ducali di Sabbioneta e soprattutto i marmi antichi. Nel 1915 l'Accademia virgiliana ne cedette la proprietà al Comune di Mantova che depositò gli oggetti nel palazzo Ducale. Oggi i marmi, da poco restaurati, sono esposti nella galleria della Mostra all'interno di Palazzo Ducale a Mantova.
La decorazione ad affresco delle pareti fu realizzata nel 1587 da Giovanni e Alessandro Alberti, aretini, i quali dipinsero le prospettive dei lati corti e le figure allegoriche delle pareti lunghe. Le composizioni di oggetti e di armi, i festoni, i vasi e gli stemmi sono da riferire invece a loro collaboratori. Il soffitto ligneo, un tempo dipinto d'azzurro, presenta nei cassettoni piccole rosette dorate. Il pavimento era in origine lastricato con mattonelle quadrate in cotto, simili all'attuale pavimentazione.
Solo gli ospiti di riguardo avevano il privilegio di passeggiare tra le opere d'arte del duca, orgoglioso simbolo della sua magnificenza.