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La fondazione di Morimondo e la costruzione del monastero
Morimond fu la quarta filiazione di Citeaux ed è l'ultima delle Abbazie madri. Da essa in poi, attraverso le sue filiazioni furono fondati 213 monasteri in tutta Europa.
Il suo nome deriva dal latino "moritur mundis" che significa "muore il mondo". Questo era il motto e lo spirito dei suoi monaci che dovevano vivere come se il mondo non ci fosse e cioè da risorti. Il suo stemma è una croce con la parola MORS, perché la Croce è il luogo dove il mondo muore ed il luogo dove il mondo risorge.
Dunque, per chi entrava in monastero il mondo, col suo egoismo, moriva fuori dalla porta ed il monaco sceglieva uno stile di vita nuova. Da Morimond, il 4 ottobre 1136, arrivarono dodici monaci con il loro abate e si insediarono a Colonago (l'odierna Coronate), presso il Ticino e l'11 novembre 1136 si spostarono a due chilometri di distanza per iniziare i lavori della nuova abbazia a cui diedero il nome di S. Maria di Morimondo. Il luogo si presentava un misto di boschi e di paludi. A questo proposito è interessante leggere un estratto dell'Exordium Parvum, uno dei più antichi manoscritti che tratta la fondazione di Citeaux, per capire l'importanza della scelta del luogo. "La folta ed incolta vegetazione lo rendevano inospitale agli uomini; solo le bestie vi abitavano. Gli uomini di Dio giunsero colà e compresero che quel luogo era più adatto a quel grande scopo religioso che da tempo avevano deciso in cuor loro, quanto più era ostile ed inaccessibile agli uomini del mondo. Disboscato quindi il luogo, vi cominciarono a costruire il monastero...".
Anche la regola di S. Benedetto al Cap. 66 ci fa capire i criteri per la scelta del luogo. Essa viene ripresa anche in uno statuto dell'Ordine cistercense del 1123: "Nessun cenobio deve essere costruito in prossimità di città, castelli o villaggi. Le fondazioni più propizie allo sviluppo in genere sorgono in pianura, vallate al riparo dei venti, sempre presso un ruscello o un fiume, così che tutto il necessario, cioè l'acqua, il mulino, l'orto, le officine e i vari lavori artigianali possano trovar posto entro le mura del monastero".
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Le volte a crociera
Con le volte a crociera è stato risolto un problema statico molto complesso: quello del peso della copertura. In quei tempi essa veniva costruita in due modi: o con una volta a botte (tipo galleria) o con delle capriate a vista (travi di legno). Queste soluzioni, però, non permettevano di costruire chiese molto grandi o con navate molto larghe e con molte finestre, per evitare un eccessivo indebolimento delle mura. Gli esempi di chiese romaniche sono di strutture molto buie con mura e colonne possenti. Con le volte a crociera tutti questi problemi venivano risolti, poiché la spinta del tetto non veniva a pesare sui muri della navata, ma veniva distribuita in modo da scaricarsi su quattro colonne. Questa soluzione, oltre a dare maggiore compattezza all'edificio, permette una struttura più leggera con molte monofore per illuminarla, così da anticipare in un certo senso l'architettura gotica.
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DESCRIZIONE STORICO-ARTISTICA DELL'ARCHITETTURA
L'esterno in mattoni si erge con contorni netti e geometrici particolarmente accentuati nella forma rettangolare dell'abside, che permettono di individuare, attraverso le sporgenze dei contrafforti e attraverso i diversi volumi, la distribuzione delle navate, la forma a croce latina e, nel transetto, la presenza di due cappelle per braccio. Già dall'esterno, dunque, la chiesa di Morimondo si caratterizza per essere di pianta tipicamente cistercense, e, per il suo rigore, corrispondente alla spiritualità di S. Bernardo stesso.
La facciata, da datarsi alla fine del Duecento, anch'essa in mattoni, si presenta in forme tipicamente lombarde, per la tipologia "a capanna" e per l'elevazione "a vento", cioè sporgente nella parte alta al di sopra del tetto dell'abbazia con caratteristiche "finestre" aperte verso il cielo, da considerarsi una ricerca di eleganza tipicamente gotica per il senso di larghezza e per l'accostamento del colore del cotto a quello, sempre diverso, del cielo. Essa, inoltre, è decorata nella parte alta da "bacini", vere e proprie tazze con scritte in arabo, eseguite in ceramica policroma, disposte a disegnare delle croci, tipici dell'arte medioevale della Pianura Padana, inseriti non solo a scopo decorativo, ma probabilmente per testimoniare, simbolicamente, le attività benefiche ed assistenziali dei monaci a ricordo del cibo offerto ai mendicanti e ai pellegrini.Tutt'intorno al perimetro esterno gira una fascia di archetti pensili, motivo decorativo tra i più caratteristici dell'architettura lombarda del tempo, forse simbolo della comunione dei santi.
L'interno presenta la particolare essenzialità cistercense: sobrietà radicale, totale mancanza di decorazioni, studiata armonia delle proporzioni e una decisa eleganza nelle opere murarie nonostante la povertà dei materiali usati. Le navate sono divise da colonne di diversa forma. Al di sopra di questi sostegni si ereggono colonnette poggianti su capitelli di pietra chiara lavorati in modo differente secondo modelli portati dai Cistercensi direttamente dalla Borgogna. Per quanto riguarda gli elementi strutturali e stilistici, l'architettura denuncia un'influenza gotica nell'elevazione, nell'uso della volta a crociera e dell'arco a sesto acuto, sebbene la presenza di alcuni archi a tutto sesto e di possenti colonne documentino il persistere di un legame con la tradizione romanica.
Alcune caratteristiche architettoniche che sembrano apparentemente incongruenti, rappresentano invece espressione di significato spirituale e l'adesione al rigore del pensiero di S. Bernardo.
Oltre al coro ligneo e ai dipinti si devono segnalare, perché connessi al simbolismo dell'architettura, l'acquasantiera (entrando sulla destra) formata con un probabile intervento del Sei-Settecento da una fontana esterna del secolo XIII-XIV e il crocifisso ligneo, situato in una nicchia sempre sulla destra, da datarsi alla seconda metà del secolo XV, attribuito alla scuola toscana.
La parte absidale, non più corrispondente al disegno originario, è stata sopraelevata per volere di San Carlo, poco dopo la visita pastorale del 1573, e ulteriormente decorata nel Settecento con il rifacimento dell'altare marmoreo.
Appartengono al primitivo impianto la scala, che anticamente portava al dormitorio e la porta che mette in comunicazione la chiesa con il chiostro, detta dei monaci "coristi".
La porta che immette nella sacrestia presenta tutt'attorno una pregevole decorazione in terracotta con motivi rinascimentali da ricondurre ai modelli eseguiti dal Bramante durante il suo soggiorno milanese alla fine del Quattrocento.
In linea di massima tutte le opere decorative e strutturali eseguite tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento sono state eseguite per volere dei monaci fiorentini della Badia di Settimo, inviati da Giovanni dé Medici, abate commendatario nell'ambito di un grande progetto di riforma. Va segnalato l'intervento nel chiostro che, a parte il lato settentrionale della fine del XII° secolo, adiacente alla chiesa, è stato ricostruito secondo forme architettoniche che ricordano il primo Rinascimento fiorentino. Tra i locali adiacenti al chiostro, attualmente diviso tra la proprietà demaniale e quella del comune di Morimondo, si ricorda la Sala Capitolare, appartenente alla fase medioevale, caratterizzata da sottili e slanciate colonne marmoree di eleganti forme di origine borgognona.
Nella parte del convento si notano infine alcuni interventi eseguiti intorno alla metà del Seicento dall'abate Libanorio, particolarmente evidenti nella zona dell'antico refettorio medioevale, ricostruito quasi sul modello dei palazzi nobiliari e affrescato all'interno con un grande dipinto di scuola lombarda, rappresentante le "Tentazioni di Cristo".
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