Cagliostro e Casanova

Nel 1769, Giacomo Casanova (Venezia, 1725-Boemia, 1798) incontra per la prima volta Cagliostro e la moglie Lorenza ad Aix-en-Provence, mentre è ancora convalescente a causa di una terribile pleurite. Di ritorno da un faticoso pellegrinaggio a San Giacomo di Compostela in Galizia, dove erano giunti viaggiando sempre a piedi e vivendo di elemosina, i coniugi Balsamo (con questo nome, infatti, Casanova li conobbe), si erano fermati in quella città per rifocillarsi e riprendere il cammino verso Torino, dove avrebbero fatto visita al Santo Sudario. L'incontro è narrato nel capitolo CXXX della Storia della mia vita, redatta negli anni 1789-1790 quasi come passatempo terapeutico dopo una grave malattia e divenuta, insieme alle Memorie, uno degli scritti più interessanti per l'attendibile contenuto autobiografico e per la dilettevole vena polemica e satirica: Un giorno a tavola il discorso cadde sopra un pellegrino ed una pellegrina che erano giunti da poco. Essi erano Italiani e venivano a piedi da San Giacomo di Compostela, in Galizia; e dovevano essere persone di alto rango perché arrivando in città avevano distribuito abbondanti elemosine. Si diceva che la pellegrina doveva essere molto bella, di circa diciotto anni, e che, molto stanca, appena arrivata, era andata a dormire. Il pellegrino e la pellegrina abitavano lo stesso albergo; il che rese tutti molto curiosi. Nella mia qualità di italiano dovetti mettermi alla testa della brigata per andare a fare una visita a quei due personaggi che dovevano essere due fanatici o due bricconi. Trovammo la pellegrina sprofondata in una poltrona con l'aria di una persona affranta dalla fatica. Ella era singolarmente interessante per la giovane età che dimostrava, per la sua rara bellezza velata da una espressione di strana malinconia, e per un crocifisso di metallo giallo, lungo sei pollici, che teneva tra le mani. Al nostro apparire ella posò il crocefisso e si alzò in piedi per farci una graziosa accoglienza. Il pellegrino, occupato ad attaccare delle conchiglie al suo mantello di tela cerata, non si mosse. Posando gli sguardi sulla sua donna, parve volerci dire che non dovevamo occuparci che di lei. Dimostrava ventiquattro o venticinque anni. Era basso, ma ben fatto: sulla faccia, quasi spettrale, aveva i tratti dell'arditezza, della sfrontatezza, del sarcasmo e della bricconeria. Il volto della sua donna, al contrario, rivelava la nobiltà, la modestia, l'ingenuità, la dolcezza, e quel pudore timido che dà tanta grazia alle giovani donne. Quei due esseri, che non parlavano francese se non per quanto era loro indispensabile per farsi capire, respirarono quando rivolsi la parola in italiano. La pellegrina, quantunque non ce ne fosse bisogno perché la sua bella parlata lo rivelava a sufficienza, mi disse che era romana. Il suo compagno mi parve napoletano o siciliano. Il suo passaporto, datato da Roma, lo qualificava col nome di Balsamo. Ella si chiamava Serafina Feliciani, nome che non cambiò mai; mentre il suo compagno lo ritroveremo dopo dieci anni sotto quello di Cagliostro. ... L'indomani il marito di costei venne a chiedermi se volevo salire a colazione con loro e se preferivo che essi scendessero da me. Sarebbe stato scortese rispondergli: né una cosa né l'altra. Gli dissi che mi avrebbero fatto piacere se fossero discesi. Durante la colazione trovai modo di chiedere al pellegrino quale era la sua professione, ed egli mi rispose che era disegnatore a penna, specializzato nel chiaroscuro. La sua arte consisteva nel copiare delle stampe, non nel farne; ma mi assicurò che vi eccelleva, e che era in grado di copiare una stampa in modo da rendere impossibile distinguere la copia dall'originale. ... Mi fece vedere una copia di Rembrandt, più bella, se possibile dell'originale. Malgrado ciò mi assicurò che il suo mestiere non gli rendeva tanto da vivere; ma io non gli credetti. Egli mi faceva l'impressione di uno di quegli uomini di talento poltroni che preferiscono il vagabondaggio alla vita laboriosa.
Nel giugno del 1778, Casanova incontrò nuovamente l'avventuriero, giunto a Venezia con la bellissima moglie e l'altisonante nome di conte di Cagliostro. I veneziani, ardenti di curiosità per l'uomo che più di ogni altro era riuscito a conciliare i rudimenti della medicina e della farmacopea con principi alchemici, teorie che affondavano le radici nella cabala ebraica e negli antichi cerimoniali egiziani, rimasero affascinati dal suo carisma e contribuirono ad incrementarne fama e fortuna, aprendogli i salotti più alla moda e più chiacchierati di quegli anni. D'altra parte, lo stesso Cagliostro era riuscito a fomentare l'alone di mistero che lo circondava facendo abilmente credere di provenire da paesi lontani e narrando di viaggi attraverso l'Europa settentrionale, dall'Aia a Berlino, dalla Curlandia a Pietroburgo. Nel 1755, Giacomo Casanova aveva conosciuto il rigore dell'Inquisizione veneziana a causa del suo modus vivendi, considerato libertino ed epicureo. Fu accusato di praticare arti magiche, gioco d'azzardo, truffa e di essere legato alla massoneria e ai Rosa Croce. L'attività di scrittore satirico venne giudicata sconveniente, tendente alla miscredenza, all'irreligiosità e causa della corruzione morale e intellettuale di alcuni partizi. Ne conseguì l'arresto e la reclusione nei Piombi, le terribili carceri veneziane che prendevano il nome dalle lastre di piombo che ne ricoprivano il tetto. Da quel luogo di indicibili sofferenze il Casanova riuscì a fuggire dopo quindici mesi, come egli stesso racconta nella Storia della mia fuga. Solo dopo diciotto anni, nel 1774, ottenne la grazia e il permesso di ritornare a Venezia: quando incontrò per la seconda volta l'avventuriero palermitano, il ricordo dei tormenti della prigionia e dei metodi inquisitori era ancora fervido. Ammaliato dalle grazie della bella Serafina, si prestò a fare da guida alla città di Venezia, avendo espresso i coniugi il desiderio di visitarla. In quell'occasione Casanova sentì parlare Cagliostro in modo irriverente e contrario ai principi religiosi: inutilmente mise in guardia il suo ospite dal pericolo di un'inchiesta dell''Inquisizione e gli consigliò di non recarsi a Roma. Al culmine della notorietà e dell'ascesa sociale, Cagliostro non darà peso ai preziosi avvertimenti; i timori di Casanova prenderanno corpo dieci anni più tardi e diventeranno una terribile realtà con la reclusione a vita nella fortezza di San Leo.